di Alessandro Campi
Oggi va di moda elevare ragazzi e bambini ad autorità morali e intellettuali, nella convinzione che essendo la loro coscienza pulita ne risulta un loro sguardo sul mondo più originale e autentico. Laddove gli adulti, corrotti dalla carriera e dal denaro, sono invece falsi, ipocriti e incoscienti.
La verità è che i giovanissimi, lungi dall’avere un pensiero formato e lungimirante solo perché ancora innocenti, tendono spesso a ripetere ciò che sentono dai grandi, senza i filtri critici che proprio questi ultimi dovrebbero fornire loro. E se dunque fior di opinionisti con l’elmetto in testa e genitori ideologicamente in fregola vanno dicendo, nelle loro esternazioni quotidiane pubbliche e private, che Salvini è un fascio-nazista appena mascherato, in ogni caso un razzista manifesto che teorizza la purezza della stirpe messa a repentaglio dall’immigrazione, perché degli studenti quattordicenni non dovrebbero prendere tutto ciò per buono e riportarlo nei loro componimenti?
Quello realizzato dai ragazzi di una scuola palermitana, in occasione della Giornata della Memoria, è in realtà un video. Dal quale si ricava che Salvini, per aver voluto il decreto sicurezza, sia da considerare come il Mussolini che nel 1938 volle le leggi razziali. Un’opinione che riflette il sacro principio della libertà delle idee? No, in realtà si tratta di una comparazione infondata storicamente e politicamente assai discutibile: volere una politica restrittiva in materia d’immigrazione non prelude alla riapertura del lager.
Ma è una comparazione della quale, ecco il punto, i ragazzi non hanno colpa. Da mesi ci stanno spiegando che le “camicie bruno-nere”, ridipinte di verde, sono in marcia contro la democrazia e la civile convivenza. E che dobbiamo dunque prepararci, penna in pugno per il momento, poi vedremo se passare alle armi, ad una nuova resistenza. Se questo è il tono che si respira a livello di dibattito pubblico ci si può meravigliare di un video che semplicemente ripete questi argomenti? Se gli adulti fanno strame della storia per amor di propaganda politica, come si fa a prendersela con chi ancora non ha una conoscenza completa del passato, anche perché forse nessuno si prende più la briga di insegnarglielo nelle sue complesse sfumature?
Ma anche prendersela con una povera professoressa, come appunto è accaduto a Palermo, non ha molto senso. L’omesso controllo contestatogli dall’Ufficio scolastico provinciale dopo le polemiche scoppiate a seguito della diffusione del video, e che si è tradotto in una sua sospensione dal lavoro di quindici giorni con relativa decurtazione dello stipendio, ha tutta l’aria di un provvedimento eccessivamente punitivo, al limite del ritorsivo. Sarebbe semmai da contestarle, senza alcuna sanzione, la bislacca idea pedagogica da lei sostenuta per difendersi, secondo la quale un’insegnante non può sindacare in alcun modo la libertà di espressione degli alunni. Ma qui non si tratta di coartare o inculcare, e nemmeno di reprimere il libero pensiero, ma di indirizzare, correggere, spiegare, moderare, informare. Insomma, di fornire conoscenze storiche di base e strumenti critici d’analisi. Proprio perché gli adulti stanno facendo così tanta confusione, almeno ai ragazzi dovrebbe essere risparmiato di cadere nelle stesse trappole. Per corrompersi ideologicamente hanno sempre tempo.
Ma una cosa, a questo punto, va detta anche su Salvini. Se i suoi avversari sbagliano a trattarlo come l’avatara di Hitler, essendo probabilmente solo un capacissimo demagogo che ha capito bene come giocare politicamente con le emozioni e le paure del prossimo, sbaglia lui con i suoi ambigui ammiccamenti alla galassia dell’estrema destra. Cosa gli porta esattamente in termini elettorali questo demi-monde di nostalgici del mussolinismo fuori tempo massimo che da qualche anno hanno preso a gravitare dalle parti della Lega? Il leader di un partito che muove il trenta per cento del consenso degli italiani dovrebbe porsi il problema di una contiguità che rischia – se non spezzata al più presto – di costargli sempre più sul piano dell’immagine e, alla lunga, anche su quello elettorale. Diversamente, avranno avuto ragione i ragazzi di Palermo e la loro insegnante, ai quali – nel caso – chiediamo scusa sin d’ora per aver messo in dubbio il loro tagliente giudizio su Salvini.
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