di Andrea Frangioni*
La proposta franco-tedesca sul fondo per la ricostruzione europea potrebbe assumere la stessa importanza dell’accordo Mitterand-Kohl sulla moneta unica all’indomani del crollo del Muro di Berlino: è la prima volta, credo, che la cancelliera Merkel accetta l’idea di un’emissione di titoli di debito comuni europei. E questo potrebbe forse aprire la via a molto altro: un bilancio comune forte dell’Eurozona; un ministro delle finanze dell’Euro; inedite forme di controllo parlamentare sul suo operato, che coinvolgano insieme Parlamenti nazionali e Parlamento UE. Intorno a un rinnovato asse franco-tedesco l’Unione potrebbe anche arrivare a trasformarsi in una più strutturata confederazione con elementi federali o in una federazione di Stati sovrani o in una Federazione leggera, formule diverse ma tutte soddisfacenti.
Siamo di fronte quindi a un’importante finestra di opportunità. Ma si tratta di una finestra di opportunità che potrebbe presto richiudersi, in un contesto che rimane fragile. La finestra di opportunità si è aperta perché la Merkel si sente più forte: la sua popolarità è tornata a crescere in Germania per l’efficiente gestione dell’epidemia. E durante l’emergenza, in Germania come altrove, le forze nazionalpopuliste ed anti-UE hanno avuto più difficoltà a far sentire la loro voce. Merkel ha così trovato la forza di venire incontro alla proposta di Macron, il quale appare spinto da motivazioni opposte. L’epidemia ha colpito pesantemente la Francia e la gestione della crisi da parte di Macron ha suscitato critiche. Il grado di popolarità del presidente francese è sceso ed ora il suo partito registra difficoltà in Parlamento. Ma il sistema istituzionale francese consente al presidente di proseguire nella sua azione. È questa complessa situazione ad aver convinto il leader francese a mostrare finalmente più coraggio, con l’idea del fondo di ricostruzione, nell’interlocuzione da tempo in corso sui temi europei con la Germania, un maggiore coraggio che da tempo era necessario (io lo avevo auspicato in uno scritto pre-epidemia, La Francia e la questione tedesca in “Nuova Antologia” n. 1/2020).
Ma la situazione, dicevo, rimane assai fragile. Se la crisi provocata dall’epidemia sarà profonda come appare, le forze antiestablishment riprenderanno fiato, in società vecchie, stanche e sempre più impaurite. E, di fronte a nuove difficoltà, credo che la Merkel tornerebbe alla posizione che è istintivamente sua e profondamente radicata in Germania: quella dell’egemone riluttante, prudente fino all’esasperazione. Si ricordi da quanto aspettiamo il completamento dell’Unione bancaria. E si pensi al recente pronunciamento del Tribunale costituzionale tedesco, le cui motivazioni tutt’altro che banali meritano comunque molta attenzione.
Dal Consiglio europeo di giugno si dovrebbe comprendere se il fondo di ricostruzione è destinato ad un lungo ed estenuante negoziato e quindi, sostanzialmente, al fallimento o ad una rapida attuazione e quindi al successo. Molto dipenderà dalla capacità di Macron di continuare a spingere in avanti la Merkel. Ci riuscirà? Francamente non lo so.
* Storico, autore di Francesco Ruffini. Una biografia intellettuale, di Salvemini e la Grande guerra e di “Una mezza rivoluzione di metodo e di piano di lavoro”: Chabod e il progetto di storia della politica estera italiana
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