di Michele De Vitis*
Finalmente le cerimonie sono finite. Con il giuramento dei nuovi viceministri e sottosegretari, Monti dovrebbe aver chiuso definitivamente la composizione della squadra di governo e ora può finalmente dedicarsi alla missione per la quale è stato nominato e non eletto: il risanamento del Paese, diventato sempre più stringente con un default alle porte.
In molti in Parlamento hanno atteso, applaudito, blandito e votato questo nuovo governo di impegno nazionale, in pochi però percepiscono la persistente gravità della situazione, così grave che alcuni hanno ansiosamente fissato un countdown di venti o dieci giorni, quasi anticipando di un anno la profezia dei Maya.
Lo stesso Monti è stato un po’ vittima di un andamento lento, impiegando più di dieci giorni (dal 16 al 29 novembre) per circondarsi di tecnici preparati e competenti. Non facciamo torto alla storia se paragoniamo questa esperienza a quella del 2008 quando Silvio Berlusconi comunicò la lista dei ministri contestualmente al conferimento dell’incarico.
Altri tempi e colori politici, altri numeri, forse. Ma quel che è certo è che si poteva e si doveva veramente “fare presto”, come titolava il Sole 24 Ore il 10 novembre, venti giorni fa, scomodando il grido di dolore lanciato trentuno anni orsono dal Mattino in occasione del terremoto dell’Irpinia.
Fatta questa doverosa premessa, resta però un interrogativo: cosa potrà fare realmente questo governo? Speriamo molto, perché serve almeno più di quello che gli concederà la politica. Ed è palese che sarà un’impresa difficile.
Monti non deve mediare, deve decidere e i partiti, pur nelle presunte diversità politiche, dovrebbero seguirlo e non sfidarlo o tantomeno ostacolarlo. Tra l’altro, il programma di Monti si basa su riforme serie, più volte e da più parti benedette e annunciate, ma puntualmente mancate e non più rinviabili.
Annuncia oggi e annuncia domani, sono passati quindici anni e il tempo, galantuomo come pochi, ha presentato il conto, commissariando di fatto prima l’Italia e poi la politica.
Insomma, come cittadini, dovremmo tenere alta sempre la guardia e non cedere alle tentazioni di quel consenso generale che ha acclamato Monti quasi come un taumaturgo.
Lo spread rimane alto, la borsa oscilla, l’economia finanziaria schiaccia ancora quella reale e soprattutto i decreti e le leggi che saranno formulati da questo nuovo governo dovranno essere votati dallo stesso Parlamento che, intorpidito, ha indugiato troppo a lungo nel bel mezzo della crisi economica.
Chiusa la fase preparatoria del governo Monti, da oggi si comincia compatti a intervenire sul presente per salvare il futuro dell’Italia e dell’Europa. Basta aspettare il Consiglio dei Ministri del 5 dicembre per vedere finalmente qualche azione più efficace contro l’emergenza della legge per Roma capitale.
All’orizzonte e sullo sfondo continua purtroppo l’inverno culturale della politica, con un governo tecnico che la stessa politica, quando lo vorrà, potrà usare prima, durante e dopo la campagna elettorale come un governo tattico.
*Dottorando in Teoria Politica, Luiss Guido Carli
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