di Alia K. Nardini
In via precauzionale, lo staff di Obama aveva anticipato che il Presidente era occupato a governare, e non sarebbe certo arrivato al primo dibattito in forma smagliante. Invece, Mitt Romney aveva avuto molto tempo per prepararsi, con soltanto la campagna elettorale su cui concentrarsi. Ciò nonostante, tutto ci si aspettava, tranne che vedere un Obama così sottotono e sulla difensiva come è stato ieri sera a Denver.
Certo, Obama ha avanzato alcune buone argomentazioni. Istruzione, ambiente, nuovi posti di lavoro: queste le priorità del Presidente in carica per un suo eventuale secondo mandato. È importante chiudere il deficit pubblico, ma soltanto in modo responsabile. Riguardo alle tasse, attacca il suo sfidante: “Sappiamo che Romney vuole fare una riforma fiscale, ma non sappiamo nel concreto come voglia finanziarla. Sappiamo che vuole modificare la Dodd-Frank, la riforma di Wall Street, ma anche in questo caso non abbiamo idea di cosa prenderà il suo posto. Il Governatore ci dice di non preoccuparci, che sa cosa sta facendo – ma come possiamo sapere se è vero? Dobbiamo fare scelte importanti per il futuro dell’America: ma dobbiamo farle tutti insieme”. A questo accorato appello, Romney replica difendendo con fierezza le sue posizioni: “Non abbasserò le tasse per i super-ricchi. Lo so che questo è quello che i Democratici vanno ripetendo da tempo, ma non è così. So come funziona, ho cinque figli che fanno esattamente lo stesso: ripetono le cose all’infinito, nella speranza che alla fine io mi convinca di averle dette” – e qui strappa una risata al pubblico. Quindi, nessun nuovo sgravio fiscale per i più benestanti: d’altronde, non è neppure necessario, poiché Romney sa benissimo che questa categoria (in cui lui stesso rientra) versa il 15% circa di tasse rispetto all’imprenditore medio (che invece paga circa il 30-35%), dato che l’imposta sul reddito non è imponibile ai guadagni di capitale. Obama, però, tace.
Ciò che Romney si impegna a fare, e lo ripete a più riprese, è non implementare alcuna politica fiscale che vada a gravare ulteriormente sul deficit della nazione. Ridurre il deficit pubblico è fondamentale, perché significa smettere di prendere in prestito soldi dalla Cina, ribadisce il Governatore del Massachusetts, facendo leva sull’orgoglio nazionale. I fondi vanno assolutamente recuperati, ad esempio bloccando i sussidi al servizio di informazione pubblico, e “disfandosi” dell’onerosa Obamacare (il che potrebbe significarne l’abolizione, o soltanto una sua radicale riforma). In un periodo di recessione, rincara Romney, non si dovrebbero mai alzare le tasse, come Obama invece dovrà quasi sicuramente fare. Per nessuno.
Il Presidente ricorda che tutti devono contribuire al benessere della nazione, e difende la sua riforma sanitaria: “Medicare ha fatto risparmiare all’America 716 miliardi di dollari, evitando che le assicurazioni e coloro che erogano i servizi sanitari ricevessero finanziamenti sproporzionati. Abbiamo anche lavorato sulla prevenzione, anche qui affinché il sistema a lungo termine risparmiasse”. “Bene”, concede Romney, “ho sbagliato a dire che la tua riforma non avrebbe cambiato nulla – scusa se la chiamo Obamacare, lo faccio con tutto rispetto – puntualizza il candidato Repubblicano, mentre sembra implicare l’esatto contrario. Dopo una battuta ed un cenno d’approvazione da parte di Obama (“Mi piace il termine ‘Obamacare’”, dice il Presidente), Romney prosegue: “È vero, le cose sono cambiate. Ma in peggio. Le prospettive, per i pensionati di oggi, sono quelle di avere a disposizione 716 miliardi di dollari in meno. La mia proposta è invece di risolvere i problemi del servizio sanitario a livello statale, proprio come prescrive il decimo emendamento. Proprio come ho fatto quand’ero Governatore in Massachusetts, con la collaborazione bipartisan dei Democratici. Non solo è l’unico modo di gestire efficacemente il problema delle pre-existing conditions; è l’unico modo che abbiamo per abbassare i costi per l’assistenza medica per i singoli cittadini”. Obama cerca l’appoggio dell’americano medio, guardando dritto l’obiettivo e attaccando Romney per il suo sostegno all’industria petrolifera: “C’è qualcuno che crede veramente che la Exxon abbia bisogno di sgravi fiscali? I sussidi dovrebbero essere indirizzati a spostare all’estero gli impianti inquinanti”. Un altro clamoroso autogol. Romney s’indigna: “Ma cosa stai dicendo? Noi dovremmo dare soldi a chi crea posti di lavoro lontano dall’America?”.
Obama appare spesso in difficoltà, ma non mette mai Romney sotto pressione riguardo al suo passato alla Bain Capital, né nomina il video recentemente reso pubblico in cui l’ex Governatore ha affermato poco felicemente che “quel 47% degli americani che non paga le tasse e dipende dai sussidi pubblici voterà per Obama, a prescindere da qualsiasi considerazione”. Il Presidente in carica scivola nuovamente, proprio nel discorso finale: “Ho detto che non sarei stato un Presidente perfetto, e questa è l’unica promessa che Romney crede abbia mantenuto. Ma avevo promesso di combattere per i cittadini americani, ogni giorno, e se avrò il vostro voto, continuerò a farlo”. Dunque non solo ammette le proprie mancanze; ma la sua promessa è vacua, troppo aleatoria per arrivare al cuore della gente comune.
Mettendo sempre ed inderogabilmente al primo posto l’orgoglio nazionale, Romney può invece permettersi di apparire politicamente scorretto: come sulla questione ambientale, che l’ex Governatore del Massachusetts è disposto a metter in secondo piano pur di rilanciare l’industria statunitense; o nell’ambito della difesa militare, dove intende continuare a investire “per il primato dell’America nel mondo”. Ammette di essere preoccupato per il paese, per la direzione gli Stati Uniti hanno preso negli ultimi anni. “Qui non si tratta di una competizione tra due persone, o tra due partiti politici”, conclude Romney. “Si tratta del paese che volete per voi, e per i vostri figli”. Sarà pure retorica elettorale ben nota, ma non per questo è meno efficace. “Se sceglierete Obama, sapete già cosa avrete: l’avete visto negli ultimi quattro anni. La contrazione della classe media”. Qui, un brivido corre nella platea, di fronte al possibile crollo del sogno americano. “Io farò risalire il vostro reddito. Io vi darò nuovamente lavoro”, afferma fiducioso Romney. Quale promessa elettorale è mai stata più seducente, per l’elettore di qualsiasi ceto sociale?
Energico, sicuro di sé, competente, ottimista e con tanta voglia di ripartire, il candidato Repubblicano ricorda molto il Ronald Reagan che, nel famosissimo secondo dibattito presidenziale del 28 ottobre 1980, affossò un petulante Jimmy Carter (paragone ricorrente, in questi giorni, nonostante Romney in realtà non abbia attaccato Obama così alacremente, né in modo così puntuale come fece al tempo Reagan). Ombra di quello che tutti ricordano come un brillante comunicatore, Obama invece balbetta, esita, prende freneticamente appunti, appare decisamente provato e costantemente sulla difensiva. Tranne qualche voce fuori dal coro, come il Daily Beast e il New York Magazine, che hanno sostenuto la performance del Presidente, destra e sinistra sono unanimi nell’affermare che, in Colorado, Mitt Romney ha decisamente brillato. Come reagiranno a questo dibattito i sondaggi, e soprattutto il monte complessivo degli elettori, è ancora da vedere. Ma nel frattempo, Romney trionfa ed è il vincitore della serata.