di Luca Marfé
Nessuna prova di nessuna collusione né del presidente né di nessuno dei suoi funzionari. Un’inchiesta lunga due anni, milioni e milioni di dollari spesi e un’intera nazione precipitata nell’imbarazzo e nel tormento di una guerra con se stessa.
Il verdetto del procuratore speciale Robert Mueller non è chiarissimo, ma viceversa lo è eccome l’esito del Russiagate nel suo complesso: Trump ha vinto. E nel 2020 vincerà ancora.
Qualche indizio, tanti dubbi, ma nulla di concreto. È questo, in buona sostanza, ciò che emerge dal rapporto consegnato prima nelle mani del ministro della Giustizia William Barr e poi trasmesso in sintesi al Congresso. L’unico neo che resta è il reato di ostruzione alla giustizia per il quale manca un esonero formale, ma che al pari degli altri fascicoli non inciampa in alcun riscontro.
Il tycoon, insomma, ha di che festeggiare. E, fedele al suo stile, lo fa con parole e toni roboanti. Prima su Twitter, con i soliti caratteri cubitali, poi con una breve dichiarazione video rilasciata ai giornalisti e diffusa attraverso i suoi profili social.
È mix di rabbia e felicità. Ma a prevalere è quest’ultima, assieme alla consapevolezza di aver assestato con largo anticipo un colpo durissimo in vista delle elezioni presidenziali del 2020. Un pugno nello stomaco per quei pochi democratici rimasti che ancora cullavano qualche sogno di impeachment. Una vittoria che sa di presagio di quella che sarà la vittoria vera.
A rileggere il Mueller report, e più in generale a rileggere l’intera e soltanto presunta saga russa, la sensazione è che il flirt con Putin sia stato utilizzato più come una narrativa alternativa alla sconfitta che non come un reale momento di indagine. Anche perché mai momento fu più lungo, specie per l’efficiente e implacabile macchina giudiziaria a stelle e strisce.
Col senno di poi, emerge persino il desiderio di dilatare questa fase il più possibile, così da danneggiare l’immagine e la figura di un presidente, nel quadro di una politica che sembrava sperare in una mano che avrebbero dovuto tenderle i giudici.
Mano che non è arrivata.
E adesso, per quanto qualcuno provi ancora ad aggrapparsi al Russiagate (Bernie Sanders ha chiesto di poter mettere le mani sul testo completo del rapporto, ndr), c’è da fare i conti con la realtà.
La realtà di un’America la cui economia va a gonfie vele. La cui linea interna è dura e netta, ma piace ai conservatori e alla destra. La cui politica estera è agitata, ma al tempo stesso in ordine e soprattutto chiara. Il cui presidente non è colpevole di nulla se non colpevole tra virgolette di aver vinto delle elezioni libere e regolari.
I democratici ci hanno provato, ma la scommessa è persa.
Trump, invece, ha una gran voglia di fare il bis.
Ed è evidentemente già pronto, prontissimo, per vincere ancora.
Lascia un commento