di Gianni Ferracuti

D’estate i partiti festeggiano: per galleggiare in prima pagina in giornali e tiggì, si radunano, s’invitano, si dibattono. Quest’anno è stata dura fronteggiare la concorrenza dell’anticiclone africano che cambiava nome ogni settimana: Cerbero, Caligola, Morgante e Margutte – l’anticiclone è sempre lo stesso, ma cambia nome e sembra un altro… come il PD o il PDL, come la destra e la sinistra.

Festeggiano, i partiti, e per il breve periodo dell’afa agostana la rivoluzione surrealista sembra trionfare. Perché i partiti parlano solo di se stessi – il resto dell’universo è relegato ai margini, ed esiste solo come spunto per un breve comunicato, un’intelligente dichiarazione da onorevole spiaggiato: porteremo la democrazia in Siria,… un complotto di menti raffinatissime,… difendere i posti di lavoro,… uno spread al limone… A ferragosto si visitano i carcerati. L’on. Pannella si depura, l’onorevole cardinale farà ricorso contro la bocciatura della legge 40, abbasseremo le tasse e faremo la riforma elettorale.

Poi succede l’irreale: dei minatori si chiudono in fondo a un pozzo profondo 500 metri. Sorpresa: esistono i minatori (anche le minatrici, se è per questo), e protestano e difendono il loro posto di lavoro! E non un onorevole che sia uno è sceso nel pozzo con loro! Perché d’estate gli onorevoli sono tutti impegnati; festeggiano, si radunano, si dibattono… e parlano solo di se stessi, in un’interminabile sequela di “faremo”, che non esce mai dalla bolla di cristallo in cui sono chiusi.

Fuori dalla bolla: operai, minatori, disoccupati, ex giovani senza futuro, pensionati senza assistenza, il più puro sfruttamento capitalista dilagante senza ostacoli. Dentro la bolla: D’Alema recensisce il nuovo romanzo di Veltroni, Berlusconi che si ricandida, Vendola “mai con Casini”, almeno non oggi, che è mercoledì…

I partiti parlano solo di se stessi. Si replicano: camminano negli stessi viali, con gli stessi gesti, gli stessi vestiti, le stesse parole, in un loop eterno, come i fantasmi dell’invenzione di Morel – non sono vivi, sono registrazioni della vita, catturate da una macchina infernale e riprodotte nei secoli, ininterrottamente, come illusione di democrazia.

 

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