di Luca Marfè
NEW YORK – Prima la voce grossa nei confronti degli (ex?) alleati Nato, poi le bacchettate a Theresa May per una “soft” Brexit non sufficientemente energica, poi ancora il culmine dell’idillio con Putin. Il tutto nel giro di una sola settimana. Una settimana in cui Donald Trump ha di fatto disegnato un nuovo ordine mondiale.
Ad eccezione dei due interpreti presenti, nessuno sa che cosa si siano detti lui e Vladimir Putin nella stanza del palazzo presidenziale finlandese che ha ospitato l’ennesimo appuntamento con la storia (è ancora fresco il ricordo di Singapore e della stretta di mano con Kim Jong-un). Tutti intuiscono, però, la direzione tracciata dal tycoon.
Il presidente degli Stati Uniti è stanco di schemi che giudica stanchi. Persino obsoleti. Lenti al punto da essere percepiti come inutili. Una sorta di prurito anti-democratico che evidenzia la sua insofferenza nel relazionarsi, ad esempio, proprio con la nostra Europa.
E così, è esattamente nel senso opposto che si muove oramai da mesi. Strizzando l’occhio e stringendo oramai la mano, infatti, ai grandi (dittatori) della Terra.
Xi Jinping, Kim Jong-un e adesso addirittura Putin.
L’uomo che in Crimea ha forzato i confini della geografia per mano del suo esercito. L’uomo accusato di aver avvelenato nemici qua e là. L’uomo che avrebbe, e qui il condizionale è d’obbligo ma ha comunque il suo peso, influenzato le elezioni del 2016 facendo pendere la bilancia proprio dal lato di Trump.
Trump che, secondo gli analisti di fede democratica, oggi starebbe rendendo il favore al suo complice, agevolando distensione e concessioni.
Trump che invece, assai più probabilmente, subisce il fascino personale di quei leader di polso in cui si rispecchia. O meglio in cui vorrebbe rispecchiarsi.
Perché la sensazione è che, al di là della sua estetica decisionista, The Donald non faccia altro che cambiare idea, che altalenare tra critiche feroci e parole accomodanti. Un atteggiamento che alla lunga potrebbe stancare anche i suoi fedelissimi che, parallelamente, già digeriscono a fatica i sorrisi concessi al nemico di una Guerra Fredda passata, ma tuttora viva nel ricordo delle generazioni più anziane. Così come potrebbero stancare le critiche mosse a danno dell’Fbi e più in generale delle istituzioni cui il popolo americano guarda comunque con granitico rispetto.
È evidente che la 45esima presidenza degli Stati Uniti sia tutta un azzardo. Trump, però, deve stare attento a non tirare troppo la corda della politica interna, delle relazioni internazionali e, ancor di più, del suo personaggio
Lascia un commento