di Fabio Corigliano
 
Thomas Casadei, Lorenzo Milazzo (a cura di), Un dialogo su Olympe de Gouges. Donne, schiavitù, cittadinanza, collana “Rifrazioni. Studi critici di storia della filosofia del diritto”, ETS, Pisa, 2021, pp. 231.
Nell’ambito della scoperta del pensiero politico e giuridico di Olympe de Gouges (1748-1793) avviata in Italia negli ultimissimi anni, la novità e l’importanza del volume curato da Thomas Casadei e Lorenzo Milazzo risiede nel tentativo di mutare lo stigma che ha connotato la recezione dell’autrice francese,
di Fabio Corigliano

 

Thomas Casadei, Lorenzo Milazzo (a cura di), Un dialogo su Olympe de Gouges. Donne, schiavitù, cittadinanza, collana “Rifrazioni. Studi critici di storia della filosofia del diritto”, ETS, Pisa, 2021, pp. 231.

Nell’ambito della scoperta del pensiero politico e giuridico di Olympe de Gouges (1748-1793) avviata in Italia negli ultimissimi anni, la novità e l’importanza del volume curato da Thomas Casadei e Lorenzo Milazzo risiede nel tentativo di mutare lo stigma che ha connotato la recezione dell’autrice francese, come evidenzia lo stesso Casadei a partire dal titolo di un paragrafo del suo saggio, Da “prostituta di Parigi” a classico del pensiero giuridico e politico (pp. 46-50). Favorisce l’operazione la dialogicità con cui vengono presentati e rielaborati i diversi tratti del suo pensiero da parte di studiose e studiosi di diversa formazione e di diversi ambiti disciplinari, a testimonianza che un “classico” trascende le barriere dei settori scientifici specialistici per suscitare analisi e riflessioni più ampie, dal momento che esso viene studiato per il valore che ha in sé, in quanto tale, in quanto capace di interrogare in ogni epoca il presente, e non in quanto inserito all’interno della specificità di una singola materia.

Il merito di questa ampia disamina in forma di dialogo è da attribuire, come nota Elena Malfatti nella sua Prefazione al volume, alla collaborazione tra l’Archivio storico-giuridico “Anselmo Cassani”, istituito presso il CRID, Centro di Ricerca Interdipartimentale su Discriminazioni e vulnerabilità dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia, e il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Pisa, che hanno congiuntamente organizzato il convegno del 25 giugno 2021 i cui atti sono raccolti in questa pubblicazione.

I fili del discorso, o ancora meglio, l’importanza di de Gouges nel panorama degli attuali studi sul pensiero politico e giuridico sono brevemente ma puntualmente ricostruiti dai curatori del volume: «la relazione tra eguaglianza e differenza; il rapporto tra universalismo e particolarità/specificità; il legame tra sovranità e forme della democrazia; la connessione tra identità e soggettività; ancora, quella – centrale in un’ottica femminista e di genere – tra maternità ed emancipazione; e, infine, il nesso che intercorre tra educazione alle differenze e linguaggio, che rinvia anche a peculiari profili pedagogici» (p. 14). Ed è proprio lungo questi passaggi che si dipana la trama di argomentazioni e analisi contenuta nell’opera a partire dal saggio di Annamaria Loche – già autrice di “La liberté ou la mort”. Il progetto politico e giuridico di Olympe de Gouges (con postfazione di Th. Casadei, Mucchi, Modena, 2021), uno dei più completi studi monografici ad oggi disponibile nella letteratura critica –, la quale offre una panoramica biografico-intellettuale in grado di collocare la figura di de Gouges all’interno degli avvenimenti francesi a partire dal 1789, tra le istanze giusnaturalistiche e illuministiche e le recezioni dello stesso avvenimento rivoluzionario, da Edmund Burke a Jeremy Bentham, da Mary Wollestonecraft a Thomas Paine, sino a Karl Marx. Il fine è quello di mettere in rilievo non solo l’originalità dell’analisi critica, ad esempio, della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, ma altresì il situarsi del suo pensiero al centro del dibattito dell’epoca, attraverso la proposizione di una peculiare «stretta convivenza fra programmi radicalmente innovativi e proposte di intervento “moderate”» (p. 15), nell’ottica della riformulazione di un diverso tipo di universalismo che Loche connota in quanto « “universalismo dell’inclusione” e “universalismo della specificità”» (p. 34).

È in virtù dell’audacia, come osserva Casadei nel suo saggio (pp. 35-58), che de Gouges può farsi latrice di un’inaudita concezione della cittadinanza (p. 35), che sfocia nella proposizione di una Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina, caratterizzata da una prospettiva inclusiva, da «condividere con uomini e donne francesi ma idealmente anche oltre i confini dello Stato nazionale» (p. 52).

Ciò che ha nuociuto alla sua “fortuna” è stato tuttavia un pregiudizio che Anna Cavaliere, nel suo contributo (pp. 59-72), coniuga nelle tre forme di pregiudizio culturale, di genere e politico: ciò ha oscurato la sua eccezionalità, e non ha consentito alla critica di scorgere le potenzialità di un discorso variegato e tendente a mettere in luce i limiti dell’“età dei diritti” e di quell’universalismo che proprio negli anni compresi tra l’Illuminismo e la Rivoluzione aveva iniziato a dispiegare i suoi più ampi e dirompenti effetti istituzionali. De Gouges (in basso, in un ritratto storico) in questo frangente, con una “preveggenza” davvero straordinaria, invece, «si dimostra in grado di individuare con estrema lucidità già alcuni limiti dei tempi nuovi; di sottolineare delle linee di continuità rispetto alle ingiustizie del passato; di intuire il permanere di forme di ingiustizia e di diseguaglianza» (p. 64).

Tale eccezionalità si rivela in varie forme: da una parte il teatro civico, come evidenzia nel suo saggio Elisa Orrù, con il quale vengono poste all’ordine del giorno fondamentali questioni sociali come ad esempio quella della schiavitù nelle colonie francesi, a cui sono seguite analisi politiche che hanno cercato di inquadrare l’ingiustizia del dominio coloniale e la connaturata eguaglianza di tutti gli esseri umani, in un inedito uso sovversivo del diritto naturale (p. 91) che è stato a sua volta considerato in chiave critica da Lorenzo Milazzo nel suo contributo all’opera (pp. 101-124); dall’altra un’appassionata e intensa attività politica che si è esplicitata nelle modalità indicate dai vari saggi che compongono il volume.

Dall’opera emergono poi altri aspetti in grado di far scorgere la classicità dell’autrice, e dunque la puntuale riuscita dell’operazione promossa dai curatori del volume in oggetto. Per primo si deve ricordare l’inserimento, esaminato in modo assai efficace da Paola Persano nel suo saggio (pp. 167-188), nella storia dei femminismi (e di fatto, nella storia “istituzionale” delle dottrine politiche) tra punti di forza e ambiguità. Nonostante la giusta distanza con la quale la critica femminista deve avvicinarsi al suo pensiero, al quale molte autrici si sono accostate attraverso delle appropriazioni selettive puntualmente annotate da Persano, invero, è innegabile (ed è ciò che la rende “classica”), «l’impatto potente che ancora oggi si riverbera, rigenerandosi ogni volta e prestandosi a ulteriori (re)interpretazioni, sulle generazioni più giovani di femministe e di semplici lettrici (e lettori)» (p. 184). Tutto ciò permette a Orsetta Giolo di collocare de Gouges all’interno delle teorie giusfemministe (pp. 189-206), a Serena Vantin di sondare le affinità tra il suo pensiero e quello di Mary Wollestonecraft soprattutto nell’ambito delle riflessioni sugli esiti della Rivoluzione francese, che tanta parte hanno avuto nella definizione delle loro rispettive teorie politiche (pp. 145-166), e a Cristina Cassina di immaginare le vite parallele di de Gouges e Nicolas de Condorcet in un’ottica plutarchesca (pp. 125-144). A quanto pare è stata la stessa de Gouges a scommettere, con audacia, sulla fortuna della sua opera e del suo nome, come si legge nella innovativa graphic novel dedicata alla stessa autrice e uscita in concomitanza con l’opera qui in esame («Io vivrò nell’avvenire, il mio nome vivrà nella posterità», in V. Maestroni, Th. Casadei [a cura di], La dichiarazione sovversiva. Olympes de Gouges e noi, con illustrazioni di C. Leonardi, Mucchi, Modena, 2022, p. 32).

Nella scena rappresentata dal noto storico francese Jules Michelet e riferita da Casadei nel suo contributo al volume, nel corso della quale una folla inferocita di giacobini intende far pagare all’autrice le sue posizioni politiche scomode, sviluppate in contrapposizione a Robespierre e a quelli che parevano essere gli umori della Rivoluzione (cfr. pp. 41-42), è la stessa de Gouges a scommettere sulla sua testa (cfr. p. 57 ) più di quanto avrebbero fatto i suoi concittadini e contemporanei, ma altresì più di quanto hanno poi effettivamente fatto le generazioni successive, che ne hanno ghettizzato la figura relegandola ad un cono d’ombra, e evitando di rimuovere le troppe stratificazioni e pregiudizi che ne hanno provocato la damnatio memoriae.

Nell’abilitazione dell’autrice a classico della letteratura giuridica e politica — ma forse, seguendo la sua lezione, dovremmo dire classica, se è vero che i classici in quanto tali sono sempre stati quasi esclusivamente di sesso maschile, e appunto al maschile è stata coniugata anche la loro classicità — dovremmo riflettere da ultimo sull’inversione dei rapporti tra vincitori e vinti. Per riprendere la nota immagine di Walter Benjamin, si potrebbe dire che se fino a qualche anno fa la “fortuna” di Olympe de Gouges apparteneva alla storia dei vinti, ora la ricca messe di studi a lei dedicati, il dibattito sulle luci (e anche sulle ombre) del suo pensiero, e la scommessa sulla sua classicità, parrebbero averla riportata nel campo dei vincitori, di coloro che hanno avuto un posto nella storia. Se non fosse che la stessa classica de Gouges avrebbe presumibilmente da osservare che non esistono vinti o vincitori, ma una storia universale e inclusiva di donne e uomini, schiavi e liberi, giovani e vecchi, bambine e bambini di ogni condizione sociale che con le loro singole azioni e, a volte, con la loro ostinazione, si fanno protagonisti.

 

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